La sfida che non possiamo perdere
di Gian Micalessin
Introduzione e contributi di Fausto Biloslavo
Boroli Editore - 190 pagine - € 14
La Nato sarà in grado di portare a termine la sua missione in Afghanistan? L’America di Barak Obama riuscirà a ribaltare le sorti del conflitto? Siamo ancora in tempo per riconquistare la fiducia di un popolo e bloccare il ritorno dei talebani? Che guerra combattono i nostri militari, quali rischi corrono?
Per rispondere a questi interrogativi due inviati italiani tornano in Afghanistan, 25 anni dopo il loro primo reportage al fianco dei guerriglieri anti sovietici. Ma il punto di vista -in questo libro scritto da Gian Micalessin grazie anche ai contributi di Fausto Biloslavo - è diverso. I due inviati visitano gli avamposti dei marines nella provincia di Helmand, raccontano le loro battaglie, li seguono nei villaggi dove si nascondono i talebani e dove i militari americani sperimentano tattiche e strategie del nuovo “surge” – l’annunciata “rimonta” capace, come in Iraq, di cambiare il corso della guerra.,
Dal fronte “americano” il racconto si trasferisce a quello italiano per documentare le operazioni e le campagne rimaste a lungo “segrete” del nostro esercito. Per la prima volta vengono seguite e raccontate le difficili missioni degli incursori della Task Force 45, l’unità d’elite del nostro contingente composta esclusivamente da forze speciali. Dai racconti dei piloti ai comandi degli elicotteri d’assalto Mangusta emergono le insidie di una guerra spietata e senza certezze. Il libro descrive poi le battaglie combattute nello sperduto fortino di Bala Mourghab, al confine con il Turkmenistan, e nella base di Delaram, all’estremo sud del deserto di Farah dove piccole unità del nostro esercito fronteggiano continui attacchi degli insorti.
Da questi reportage al fronte si sviluppa la riflessione sulle priorità e sulle strategie indispensabili per uscire a testa alta dal conflitto. La storia delle ingloriose ritirate afghane, da quella inglese del 1842 fino a quella sovietica dell’89, è lì a ricordare che in Afghanistan vincere sul campo di battaglia è sempre molto difficile. Per assicurarsi una via d’uscita bisognerà offrire al governo di Kabul i mezzi per garantire la propria sicurezza accelerando l’addestramento e lo sviluppo di un nuovo esercito. Per riprendere l’iniziativa bisognerà dividere i talebani, trattare con le fazioni moderate, bloccare l’infiltrazione di Al Qaida, affrontare le ambiguità dell’ “alleato” pakistano. Ma bisognerà anche rispettare le promesse fatte al popolo afghano rilanciando lo sviluppo del paese, bloccando la corruzione e ridimensionando il potere dei signori della guerra e della droga.
Se non sapremo farlo la lotta all’insurrezione continuerà ad essere, per usare le parole di Lawrence d’Arabia, “difficile come mangiar la zuppa con il coltello”.
Nessun commento:
Posta un commento