sabato 25 aprile 2009

VITTORIO EMANUELE PARSI PARLA DI "AFGHANISTAN ULTIMA TRINCEA" SU "LA STAMPA TUTTOLIBRI"


Un reportage come quelli di una volta e, contemporaneamente,un'analisi serratache spiega con lucidità che cosa è in gioco in Afghanistan: questa è la sintesi del bel lavoro di Gian Micalessin, Afghanistan,ultima trincea. La sfida che non possiamo perdere, che fin dal titolo non lascia adito a dubbi circa la tesi di fondo. Un libro quanto mai tempestivo, oltretutto, uscito poche settimane prima che il viaggio europeo di Obamae le sue richieste (sostanzialmente inascoltate) agli alleati europei di ottenere un maggior apporto di truppe combattenti ha riacceso i riflettori dei grandi media nazionali su una guerra troppo spesso dimenticata. Gian Micalessin è uno dei migliori giornalisti di guerra italiani ed europei: free lance che collabora con Il Giornale, conosce l'Afghanistan comepochi altri. Nel 1983, ventitreenne,con due amici triestini, Fausto Biloslavo (che ora scrive l’introduzione) e Almerigo Graz, Micalessin parte per l'Afghanistan occupato dall'Urss e firma il primo reportage sulla resistenza antisovietica. Il sodalizio professionale e di amicizia dei tre «muli» triestini continua tuttora, dimostrandosi capace di sconfiggere persino la morte di Almerigo, ucciso inMozambico nel 1987, mentre filmavauna battaglia tra ribelli e forze governative.
Il libro di Micalessin è innanzitutto un libro ben scritto, un gran bel lavoro da inviato speciale,
in grado di calare immediatamente il lettore nella realtà della guerra afgana, fatta di confusione, sudore, paura e morte, come tutte le guerre. Pagina dopo pagina, partendo dal vivido racconto dell'ennesimo assaltoa Fort Apache South, la «Fortezza Bastiani» dei Marines nell' Helmand, ultima frontiera della presenza occidentale in Afghanistan,Micalessin ci conduce
nel tempo e nello spazio apparentemente immobili degli altopiani incuneati tra Pakistan e
Iran, accostando lo stile serrato del reportage alla ricostruzione di un quadro analitico e interpretativo molto ben delineato.
Il lettore si troverà così fianco di Vincenzo, ufficiale della Task Force 45 (fatta di «Parà» e «Incursori della Marina») nella battaglia di Farah, odel tenente Perna del «Battaglione
Trieste» nell'assedio di Bala Mourghab. E «scoprirà» così, che gli italiani in Afghanistan
combattono, e bene, una guerra che è stata a lungo, e ancora in parte resta, «clandestina » per motivi di opportunità politica, ostaggio dell'ipocrisia e dei tabù della politica italiana.
Senza indulgere in nessuna compiaciuta retorica guerresca, ma chiamando le cose con il loro nome (la morte morte e il valore valore), Micalessin riesce a raccontare l'asprezza del conflitto evitando moralismi e grandguignol. Nel farlo ci dimostra come, dal punto di vista militare, la sfida afgana sia alla portata delle capacità europee, e come sarebbe fatale, innanzitutto per l'Europa, perdere una guerra che invece si può, e si deve, ancora vincere. In un coro di rassegnato e disinformato piagnisteo che descrive quella afgana come una battaglia già irrimediabilmente compromessa, il libro di Micalessin argomentain maniera documentata e partecipela tesi contraria: la guerra richiederà sforzi prolungati,una strategia politica volta a individuare e sfruttare le divisioni interne al composito fronte talebano, la mano ferma con Karzai e l'ambiguo ma determinante «alleato» pakistano, e la capacitàdi nonfarsi intrappolare dalle manovre iraniane.Mapuò ancoraessere vinta.
Nel suo far piazza pulita dei tanti luoghi comuni e dello «stupidario» che la circonda, Micalessin sottolinea come non esista una soluzione politica della guerra afgana che possa aggirare la necessità di continuare a impegnare anche sul campo le milizie talebane, e che la stessa «afganizzazione» del conflitto passa per unsurge militare e per un impiego migliore e più coordinato delle truppe combattenti, l'efficacia della cui azione è troppo spesso intralciata (quando non vanificata) da caveat di impiego forse comprensibili nella povera logica della politica romana, ma inaccettabili e devastanti tra le gole e i deserti dell' Afghanistan, tra chi rischia la vita tutti i giorni per proteggere la sicurezza di noi tutti a migliaia di chilometri da casa.

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